Gli analoghi dell’ayahuasca (ana-huasca) sono combinazioni di piante che imitano la composizione chimica dell’ayahuasca, ovvero l’interazione IMAO – DMT(1). Nella sua forma basica l’Ayahuasca è una miscela della liana Banisteripsis caapi con le foglie della Psychotria viridis (Chacruna), anche se spesso diverse altre piante sono aggiunte al decotto.
Usare piante addizionali richiede preparazione e abilità, affinché l’aggiunta delle altre piante aumenti l’energia generale della bevanda. Dato che l’ayahuasca è spesso usata in rituali di cura, le piante aggiunte sono di solito relative al tipo di cura richiesta, così come il curandero o lo sciamano la intende.
La liana Banisteriopsis caapi e le piante aggiunte alla mistura originale sono specifiche della foresta pluviale Amazzonica, ma il loro meccanismo chimico può essere ricreato con molte altre piante di altre parti del mondo.
(1) Il meccanismo IMAO di cui si parla è quello generico per cui la DMT presente dentro le foglie di Chacruna si rende disponibile per via orale, attraverso l’azione degli alcaloidi armalinici presenti nella liana ayahausca. L’autore sottolinea che l’ayahuasca, agendo selettivamente solo sulle MAO-A è un inibitore reversibile, quindi meno pericoloso di altri IMAO non selettivi.
Anahuasca & Pharmahuasca
Terence McKenna, un famoso psiconauta, avvocato delle dosi eroiche, lettore e scrittore, era molto intrigato dalle potenzialità dell’ayahuasca: ma considerava la limitata reperibilità della liana fuori dalla foresta Amazzonica un vero problema:
“Probabilmente solo un duplicato sintetico dell’ayahuasca composto dalle giuste percentuali di DMT e beta-carboline potrà rendere possibile fare l’esperienza fuori dalle aree in cui essa è endemica” (1989)
Visto col senno di poi, McKenna non aveva conosciuto il dilagare delle coltivazioni di ayahuasca e la disponibilità globale d Banisteriopsis caapi che conosciamo oggi. Con l’apparizione dell coltivazioni sostenibili di ayahuasca, la bevanda è diventata prontamente disponibile fuori dalla sua area endemica. Tuttavia la ricerca di “duplicati dell’ayahuasca” ha portato alla scoperta di molte altre combinazioni che ne replicano il meccanismo chimico, chiamate tutte genericamente ‘Anahuasca’.
Ruta siriana e IMAO
La combinazione più comune che simula l’azione dell’ayahuasca è la Ruta Siriana (Peganum Harmala) con varie fonti di DMT, tra cui la più usata è la Mimosa tenuiflora.
L’effetto psicoattivo della Ruta siriana è conosciuto da secoli, e alcune testimonianze rivelano l’uso rituale della pianta in epoche molto remote, nelle regioni del medio oriente. Prima della scoperta degli alcaloidi armalinici all’interno dell’ayahuasca, la loro presenza era stata già osservata nella Ruta siriana. Dopo l’ayahuasca la Ruta siriana è la pianta contenente IMAO più conosciuta, ed è molto spesso usata come potenziatore di altri psichedelici, tra cui la DMT.
I semi di Ruta siriana contengono alcaloidi in concentrazioni tra lo 0.3 al 0.8 %, che è in certi casi considerevolmente maggiore rispetto a quella riscontrata nella B. caapi. Mentre originariamente era una pianta esotica dell’Asia Centrale, oggi la Ruta siriana può essere trovata spontaneamente in natura nelle zone Euroasiatiche e nella costa occidentale degli USA.
Molto interessante da vedere a proposito della Ruta siriana e delle precauzioni relative al suo uso, questo intervento di Giorgio Samorini alla III Conferenza Mondiale sull’Ayahuasca:
Piante contenenti DMT
C’è un gran numero di piante che contengono DMT. La percentuale varia copiosamente, ma quando la reperibilità di altri alcaloidi restringe di molto la selezione, solo un pugno di piante restano interessanti.
Una di queste è la Mimosa hostilis, una pianta usata da secoli durante rituali tradizionali in Brasile, dove la corteccia della M.hostilis viene trasformata in una bevanda chiamata Jurema, che, se opportunamente preparata, è attiva già di per sé stessa. In effetti la psicoattività della Jurema ha sollevato dubbi circa la comune teoria ‘IMAO + DMT’ – perché la Mimosa non contiene alcun composto inibitore delle MAO.
Questo è un campo in cui ancora si stanno conducendo esperimenti e in cui poche ricerche sono disponibili. E’ una questione complicata , alcuni ipotizzano la presenza di un altro composto indolico battezzato yuremamina che fungerebbero da MAO inibitore, permettendo la psicoattività della DMT presente nella Mimosa hostilis.(2)
La Pharmahuasca è invece un modo più controllato, farmaceutico, per assumere ayahuasca. Invece di lavorare con le piante vengono usati estratti puri di alcaloidi dell’Armala e la DMT. Prima si assume una capsula contente gli IMAO, e poi una capsula contenente DMT.
(2) Si veda Samorini Etnobotanica della Jurema e questo topic su Erowid
Simili, ma diverse
L’esperienza con l’ayahuasca va oltre la semplice chimica, e coinvolge una composizione e un’interazione fitochimica così complessa che non è ancora pienamente compresa. Mentre il meccanismo IMAO può essere facilmente replicato, l’energia spirituale della Banisteriopsis caapi rimane unica. Le piante portano con sé maggiori informazioni di quelle che possiamo analizzare chimicamente, e la liana caapi è veramente un buon esempio di pianta con uno “spirito unico”, un’essenza. Molti che hanno sperimentato sia l’ayahuasca che i suoi analoghi descrivono le due esperienze come cose diverse. Mentre l’ayahuasca certamente offre un’esperienza in piena regola, l’energia di un viaggio è diversa.
Un buon modo per guardare questo mistero è attraverso l’analogia della torcia elettrica. La B. caapi apre uno spazio – un tunnel o una cupola – che non può tuttavia essere visto fino a che la DMT non porta la luce. Quindi la DMT funziona come una lampadina, che proietta la sua luce su un particolare aspetto della caapi. Allo stesso modo le altre piante come la Ruta Siriana, apriranno uno spazio differente.
FONTE: https://www.zamnesia.com/content/305-what-are-ayahuasca-analogues
Allerta su usi errati dell’Anahuasca
Jonathan Ott
Newsletter of the Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies
MAPS – Volume 6 Number 3 Summer 1996 – pp 32-34
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In conclusione, spero di aggiungere il mio personale avvertimento agli psiconauti e agli ‘sciamani di strada’, che vogliono sperimentare con l’anahuasca e la pharmahuasca. E’ giunto alla mia attenzione che alcuni ingoiano capsule di semi di Ruta siriana invece di farne un’infusione acquosa, o ingoiano succo di Phalaris o corteccia di radice di Mimosa tenuiflora, il tutto per evitare il sapore amaro della medicina.
Tuttavia, fare l’infusione acquosa fornisce una separazione grezza, lasciando fuori i costituenti non solubili in acqua, potenzialmente tossici. L’esistenza dell’uso tradizionale delle infusioni acquose della radice di M. tenuiflora, o vino di Jurema, non costituisce prova del fatto che sia privo di rischi ingerire la radice o la sua corteccia così come sono, e un collega ha sperimentato tossicità in seguito all’ingestione di capsule di radice di corteccia di M. tenuiflora, proposta come anahuasca.
Mentre precedentemente l’assunzione dell’infusione acquosa della stessa corteccia di radice non gli aveva provocato nessuna tossicità. Questa tossicità può essere dovuta ai chalconi kukalcan A e B, trovati nella radice della M. tenuiflora, e che essendo liposolubili non verrebbero estratti attraverso l’infusione acquosa.
Similmente, oltre a contenere alti dosaggi di alcaloidi B-carbolinici, i semi di Ruta siriana contengono anche livelli significativi degli alcaloidi uterotonici chinazolinici ‘vasicina‘ (peganine) e ‘vasicinone‘, e sono noti per il loro uso etnomedicinale come abortivo. Dato che questi alcaloidi sono molto meno solubili in acqua rispetto alle B-carboline, ancora una volta fare l’infuso acquoso produrrà una separazione, lasciando la massa degli alcaloidi chinazolinici dentro il residuo solido dei semi, favorendo una minore tossicità, specialmente per le donne, particolarmente quelle in gravidanza.
Chiaramente, nel loro zelo per evitare di gustare l’amara medicina, gli anahuasqueri stanno giocando con il fuoco, esponendo se stessi a rischi non necessari, ingerendo preparazioni che mancano delle tradizionali regole per la sicurezza umana. Tutto per evitare di gustare l’amara pozione, mentre per alcuni il resistere alla sua amarezza è già di per sé un rito di passaggio – come disse James Jiyce “non ci sono rose senza le spine”, ma Joyce si riferiva alle donne, non alle droghe!
FONTE: https://www.maps.org/news-letters/v06n3/06332ott.html
Gli analoghi più diffusi
Questo elenco, stilato da Christian Ratsh nel 2005, mostra le principali combinazioni di piante utilizzate per produrre ‘anahuasca’. Come si può vedere non sono poche:
– Anahuasca: Psychotria viridis e Peganum harmala
– Juremahuasca or Mimosahuasca: Peganum harmala e Mimosa tenuiflora
– Prairie Ayahuasca: Peganum harmala e Desmanthus illinoensis
– Phalahuasca: Phalaris arundinacea o Phalaris aquatica e Peganum harmala (largamente in disuso a causa della tossicità della gramina, un alcaloide presente nella phalaris)
– Peyohuasca: Peganum harmala e Lophophora williamsii
– San Pedro Ayahuasca: Ruta siriana (Peganum harmala) e San Pedro
– Psilohuasca: Peganum harmala e Psilocybe cubensis o Peganum harmala e Psilocybe semilanceata
– LSA/Desmanthus Ayahuasca: Peganum harmala e Argyreia nervosa e Desmanthus illinoensis
– Formosahuasca: Acacia confusa e Peganum harmala
FONTE: https://erowid.org/chemicals/ayahuasca/ayahuasca_info11.shtml
Conclusioni
Da tutto quanto appena detto quindi, è necessario ribadire di fare la massima cautela quando qualcuno vi invita a bere ayahuasca. Non è detto che ciò che vi viene offerto sia effettivamente ayahuasca, nel senso stretto del termine. Per alcuni infatti non c’è differenza, e chiamano ayahuasca qualsiasi delle combinazioni sopra riportate, ma, come abbiamo visto, non è la stessa cosa.
Dovreste innanzitutto esigere che vi sia detto con esattezza la provenienza e la composizione di quanto vi viene versato nel bicchiere. Le principali organizzazioni di tutela dell’ayahuasca indicano tra i criteri di prassi virtuose proprio il fatto che i facilitatori sappiano in dettaglio la composizione di cosa stanno offrendo e dovrebbero averlo sperimentato prima di voi, per poterlo dosare al meglio, a seconda della sua potenza.
Da quanto abbiamo potuto leggere e ascoltare sopra, in particolare dal breve estratto della newsletter di MAPS e dall’intervento di G. Samorini, bere anahuasca, o assumere qualsiasi altra ‘roba’ vi spaccino per ayahuasca, non è così pacifico: ci sono serie questioni riguardanti la sicurezza che potrebbero essere compromesse se ciò che vi apprestate ad assumere non è ayahuasca, così come intesa nel modo tradizionale, o non è stato preparato correttamente.
Ancora una volta si deve sottolineare come il seguire una tradizione non è un mero capriccio o una fissazione frutto di ristrettezza mentale, ma è una precisa necessità di tutelarsi seguendo precetti che sono stati tramandati per secoli a fronte di prove ed errori, per garantire la sicurezza delle persone che partecipano ai rituali. Gli indigeni possono anche non conoscere la chimica e non avere i microscopi, ma se dettano certe regole, la maggior parte delle volte è perché hanno scoperto sulla propria pelle che fare in una certa maniera è meglio rispetto a un’altra.
Sommando tutto questo alla spregiudicatezza e incoscienza di certe persone che pur di ‘vendere’ le loro cerimonie e i loro ‘prodotti’ sarebbero disposte a tutto, non possiamo che ribadire: occhio a cosa c’è nel bicchiere! Quando perlomeno di bicchiere si tratta…