La città da ieri è sede di un corso post-laurea unico nel paese. Si tratta di Medicina Tradizionale Indoamericana, che è stato avviato ieri nella Facoltà di Medicina dell’Università Nazionale di Rosario (UNR) (Argentina).
L’iniziativa è dovuta alla fondazione Mesa Verde insieme ad alcuni sciamani (medici tradizionali) che porteranno la loro conoscenza sul potere terapeutico della natura e dell’ayahuasca. E’ diretto a professionisti della salute, ed è un marchio registrato. La certezza che esistono più di una logica e di una cosmovisione nella vastità culturale, è allo stesso tempo un mezzo e un fine: conoscere nuovi paradigmi e accorciare la distanza tra i saperi millenari dei popoli americani e la medicina occidentale. L’obiettivo? Una nuova percezione della relazione tra salute e malattia, né più né meno che il benessere.
Il corso, che è annuale, ha classi mensili in cui la riflessione, l’informazione e i vissuti permettono di cancellare il senso comune e i pregiudizi. Un vero lavoro di decostruzione dei canoni della conoscenza, uno slittamento di paradigmi per accedere ad altre logiche. Per immergersi nell’atavica relazione dei medici tradizionali indigeni (sciamani) con la natura e il potenziale terapeutico che deriva da questo vincolo, in cui ogni essere vivente è un tutto cosciente e relazionato.
Le classi sono mensili, i posti limitati e le aspettative alte, l’edizione dell’anno passato ha dato i suoi frutti e aperto il cammino. Chiaro che non è stato facile arrivare a questo punto. Ascoltare nei chiostri della Facoltà di Medicina l’inquietante melodia dei canti cerimoniali e la fine cascata di suoni dei pali della pioggia. O i racconti, di prima mano, sugli stati amplificati di coscienza.
Come è possibile questo scenario di empirismo e accademia? “C’è stato un cambio e il miglior esempio è questo corso”, spiegano a La Capital i membri di Mesa Verde e professori del corso: Néstor Berlanda, Diego Viegas, Ariel Roldán e Iván Turchetti, psichiatra, antropologo, medico, psicoterapeuta e psicologo, rispettivamente.
Gli sciamani invitati d’eccezione
Il sapere tradizionale lo portano gli sciamani invitati: Héctor Sarmiento della comunità Yacuy (Tartagal), Wilder Muñoz della comunità Shipibo (Amazonia Perú), Carina López Regnal (Jujuy) e Hugo Medina comunità Qom (Rosario). Loro guideranno lo stupore attraverso una cosmovisione che parla di mondo emozionale, spiriti, energia e diagnosi che arrivano attraverso stati non ordinari di coscienza. Oltre a esperienze che si perdono nella notte dei tempi, quando l’uomo cominciava a percepirsi come essere in lutto.
“La medicina tradizionale Indigena (MTI) si basa su un corpo di conoscenze esistente da millenni, che permane ancora vigente in alcune culture e regioni, e che ha dimostrato di essere efficace, anche se la medicina occidentale lo ha ignorato fin’ora”, dicono gli specialisti.
Inoltre spiegano che, dal 1977, l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) chiama i suoi stati membri a studiare, conservare e proteggere “tutta la saggezza racchiusa in quella che si chiama medicina tradizionale indoamericana, come patrimonio intangibile, immateriale dell’umanità e che in molti luoghi funziona come primo mezzo per mantenere la salute”.
“Non siamo un gruppo new age o un posto alternativo rispetto agli spazi accademici”, spiegano gli investigatori, per differenziare la rigorosità dei loro lavori oggettivati in protocolli, dalle proposte con poca o nessuna rilevanza scientifica, se anche utilizzassero categorie simili.
“C’è un gran mercato su questi temi, usano gli stessi concetti però con conclusioni individuali”, avvertono i professionisti. “I popoli indigeni lavorano in una prospettiva sociale, una persona si può ammalare perché ha rotto tabù della comunità, la MIT ha le sue regole, è un’altra logica ma l’approccio è comunque rigoroso, non è una moda p una ricerca nel vuoto”, spiegano.
Chi partecipa al corso? Persone di distinte età e professioni, oltre a medici, psicologi, lavoratori del sociale e studenti avanzati con carriere affini. “Hanno qualcosa in comune: non riescono a spiegarsi un sacco di cose. Quando questo accade, il paradigma occidentale fa acqua e cominciano a cercare altre cosmovisioni”, argomentano. Chiaro che questa ricerca richiede di “collocarsi in un quadro di riferimento diverso da quello cui siamo abituati, perché altrimenti si rischia di integrarli come atti di magia”, assicurano.
L’ayahuasca al centro delle investigazioni
[ —]
Dei loro decenni di lavoro, Mesa Verde ha dedicato 16 anni a un nucleo duro: lo sciamanesimo amazzonico e l’ayahuasca. Il lavoro ha incluso viaggi a diversi luoghi in America, sessioni con più di 3500 volontari e anche vissuti personali. L’investigazione è stata “rigorosa” e ha lasciato una sistematizzazione nel libro “Ayahuasca medicina dell’anima”, che raccoglie indagini sugli effetti concreti del composto millenario.
Qual’è stata la risposta? “Se ben utilizzata, l’ayahuasca ha un enorme potenziale terapeutico perché apre molti contenuti incoscienti”, spiegano, e dicono che il lavoro è stato presentato al congresso annuale dell’Associazione Argentina di Psichiatria. Altro obiettivo dell’analisi è stato “demistificare una ricerca precedente che, per pregiudizio o ignoranza, equiparava un processo di ayahuasca a un modello per replicare la psicosi e così cercare delle cure, che sarebbero partite da un criterio errato”. E sanciscono: “Uno sciamano non è uno psicotico, al contrario, è una persona ben adattata alla sua realtà, che conosce molto bene, è un emergente nel suo gruppo sociale”.
Secondo i ricercatori, è importante enfatizzare che non realizzano sessioni con l’ayahuasca, soprattutto per evitare confusione con chi fa queste pratiche senza contenimento professionale né rigore scientifico.
TRADOTTO DALL'ORIGINALE: http://www.lacapital.com.ar/la-facultad-medicina-realiza-un-curso-posgrado-chamanes-n1360151.html

Questo articolo è stato tradotto dall’originale e l’autore dello stesso è menzionato all’inizio del testo. Per conoscere maggiori informazioni sull’autore seguire il link che cita la fonte.