“Non ho visto mio fratello di persona per almeno sette anni”, scrive Celine, ricapitolando la sua settima cerimonia.
FONTE: https://chacruna.net/deep-ayahuasca-healing-truth-who-you-are/
“Ricordo che una notte Dave (l’ayahuasquero), ha rimosso lo spazio nel mio cuore che avevo riempito con il surrogato di mio fratello. Ho pianto così forte mentre accadeva. Ho veramente sentito come se fosse un’operazione al cuore, con le sue canzoni come anestesia. Mentre lavorava sul mio cuore con le sue mani e la sua voce, ho sentito il dolore della rimozione dei sostituti, e quello per mio fratello, e alla fine il grande senso di sollievo perché adesso c’era tutto quello spazio per lui.”
Vicino al centro di tutti noi esseri umani feriti c’è un vuoto che riempiamo. Lo riempiamo con immagini artificiali di noi stessi, con compulsioni e abitudini, per cercare di conquistare il divario richiedendo attenzione, amore, valore, potere, significato. Cerchiamo come possiamo, questi simulacri non possono mai soddisfare i nostri veri bisogni. Come ha scoperto Celine, una volta che siamo in grado di rimuovere i falsi sostituti con cui cerchiamo di cancellare il doloroso vuoto, lo spazio si apre a chi siamo veramente, al nostro vero sé – che è amore, appartenenza e sollievo di divenire, di nuovo, veramente vulnerabili. Perché eravamo vulnerabili e aperti un tempo, prima che il mondo ci ferisse così tanto da farci abbandonare l’autenticità per sfuggire al dolore.
Il risultato di questo allontanamento originario da sé stessi si mostra nelle dipendenze, nei problemi mentali come la depressione e l’ansietà, o nelle malattie indotte da stress come il cancro, le patologie auto-immuni, i disordini neurologici, e altre condizioni croniche che possono interessare quasi ogni organo del corpo. Molto al di là di ciò che si sa grazie alla medicina generalista, questa prospettiva è basata non solo sull’antica saggezza tradizionale, ma anche sulla moderna scienza che ha, oltre ogni dubbio, dimostrato l’indissolubile unità di emozioni, mente e corpo.
Il fallimento delle pratiche mediche occidentali
Il fatto che così tante persone si rivolgono alla saggezza sciamanica tradizionale per curarsi – o in alcuni casi agli insight resi possibili dai moderni psichedelici – deve molto al fallimento delle pratiche mediche occidentali nel cogliere questa unità. Spettacolarmente creativa ed efficace in vari modi, specialmente quando si confronta con le crisi acute e affronta quelle originate da patogeni esterni, come le infezioni, la Medicina Occidentale troppo spesso fallisce quando si imbatte in condizioni croniche della psiche e del soma. Siamo largamente disarmati quando ci confrontiamo con ciò che non possiamo rimuovere chirurgicamente, bruciare con le radiazioni, o avvelenare con farmaci. Sappiamo trattare i sintomi ma non possiamo arrivare alle cause.
Le parole ‘guarire’ e ‘salute’ hanno origine nel termine anglosassone che stà a indicare ‘totalità’ – e non è un caso, perché la causa di molte malattie è esattamente la perdita dell’unità indotta da un trauma, che sia nascosto o evidente. Questa perdita inoltre, è la causa dell’angoscia da cui molti cercano con tanto fervore di fuggire, attraverso le molte seduzioni che la cultura occidentale offre per sopperire alle mancanze emotivo/spirituali. Come ha scritto il maestro spirituale Eckhart Tolle;

“Di base, tutte le emozioni sono modificazioni di una emozione primordiale, indifferenziata che ha origine nella perdita della consapevolezza di chi siamo al di là del nome e della forma. A causa della sua natura indifferenziata è difficile dare un nome che descriva in modo preciso questa emozione. “Paura” si avvicina, ma al di là di un continuo senso di minaccia, include anche un profondo senso di abbandono e di incompletezza.
E’ meglio usare un termine che sia così indifferenziato come l’emozione di base, e chiamarla semplicemente ‘sofferenza’. Uno dei principali compiti della mente è di lottare e rimuovere questa sofferenza emozionale, il che è una delle ragioni della sua attività incessante, ma tutto quello che può raggiungere è mascherarla temporaneamente.”
L’esperienza di ciò che siamo veramente
Quello che Celine ha trovato – e che molte persone sono in grado di trovare aiutate dalle piante maestre e altre modalità pichedeliche efficaci, condotte in modo corretto – é perlomeno un gusto, un bagliore, un’esperienza di ciò che siamo veramente prima di attaccarci a ciò che non è mai stato noi: il nome e la forma che il mondo ci ha dato e con cui ci identifichiamo e teniamo stretto così disperatamente. E qui risiede la possibilità della liberazione: diventare noi stessi ancora una volta o, meglio ancora, di ricordare alla fine chi siamo sempre stati.
Robine, una donna che sin dall’infanzia ha considerato se stessa sfigurata a causa di una condizione neurologica che le causa asimmetria nel viso, ha scoperto che la sua bellezza non è definita dalla configurazione dei suoi muscoli facciali:
“L’ayahuasca mi ha mostrato che il punto più profondo di nutrimento per me, che mi fa sentire viva, è il mio desiderio dal cuore di connettermi con le persone nei loro angoli più oscuri. Allo stesso tempo ho il desiderio e la capacità di connettermi con le persone da uno spazio di bellezza in me; lo spazio in che mi permette di vedere il loro coraggio, la loro scaltrezza e potenzialità. Ho imparato che la bellezza non è in un’espressione o in un’esperienza (neanche nel sorriso che desidero tanto per il mio viso).
La bellezza è qualcosa che è in me, una lente attraverso la quale sono capace di guardare il mondo e le persone intorno a me. Ancora vorrei questo sorriso, ma il sorriso non sarà ciò che mi rende bella o che la cosa su cui fare affidamento per esprimere me stessa o connettermi con gli altri. Ho scoperto che la gentilezza e l’auto-compassione sono i più grandi strumenti per connettere la bellezza, essere empatica, energetica e sicura nel mio lavoro con me stessa e con gli altri.”
- Cosa c’è negli psichedelici che offre questo dono?
- Perché, da dottore educato all’occidentale, trovo i ritiri di cura che conduco con l’ayahuasca il lavoro più eccitante che ho mai intrapreso, anche se lo faccio solo due o tre settimane all’anno?
- Perché molti altri seguono lo stesso percorso?
Saggezza vs sapienza
Nella cultura da cervello sinistro identificato con la mente dell’occidente industrializzato, abbiamo dimenticato che la vera saggezza sorge da regioni più profonde di noi, che non i nostri pensieri consci e la nostra educazione formale. Abbiamo dimenticato, infatti, che i nostri pensieri consci e il nostro apprendimento sui libri spesso mascherano le nostre paure nascoste, motivazioni e sofferenze. E anche che ci separano dal nostro innato desiderio di connetterci con questo ineffabile “Qualcosa” che è più grane dei nostri piccoli ego, che sono portati a controllare le nostre realtà interne ed esterne. Manifestando la mente – che è il significato fondamentale del termine ’psichedelico’ – le piante maestre, e i loro moderni derivati prodotti dall’uomo, conducono oltre, tra e sopra, la superficiale percezione che ci governa, nella profonda verità di noi stessi, della natura, del mondo.
Manifestando la mente le piante maestre conducono oltre la superficiale percezione che ci governa
Tutti conosciamo casi di guarigioni avvenute con gli psichedelici che la scienza occidentale, strettamente applicata, non può spiegare – anche se la stessa scienza, riguardata correttamente, può offrirci la risposta. E queste risposta giace tutta in quell’unità, completamente dimostrata dalle ricerche, citata prima. Ma non è la cura o la sparizione della malattia che mi interessano di più, anche se le celebro quando avvengono. Ciò che mi ispira di più è la totalità, ri-sperimentata, dell’essere umano che intrepidamente si imbarca nel viaggio di guarigione.
Rachele, una donna nei suoi quaranta che è stata in trattamento per un tumore in stadio avanzato, mi ha scritto di recente riguardo alla sua esperienza con l’ayahuasca:
“In cerimonia, sono stata in grado di confrontarmi con i fantasmi che mi hanno perseguitato tutta la mia vita. Non dirò che sono stati sradicati, ma i miei pensieri e i miei sentimenti verso me stessa, la mia vita, le mie relazioni, ora li vedo con una profonda compassione, e so che queste situazione, e le persone che mi ci hanno portato, come maestri che mi hanno spinto a guarire.
Due giorni prima che mi fosse diagnosticato il cancro stavo parlando con un amico al lavoro. Mi raccontò una storia di una donna che aveva il cancro. Mentre stavo lì ad ascoltarla mi sono detta ‘io ho il cancro’. Lo sapevo intuitivamente. Ero in una sala d’emergenza due giorni dopo, con un polmone quasi collassato, pieno di cellule cancerogene. Da quel momento ho lavorato ogni giorno, e il primo pensiero che mi veniva in mente appena mi segliavo era ‘ho il cancro’. Dopo la sesta cerimonia mi sono svegliata e per la prima volta ho pensato ‘io non ho il cancro’. Non posso descrivere la pace che ho sentito in quel momento.”
Sperare è già un pò guarire
Vorrei poter assicurare Rachel che il suo cancro è stato definitivamente curato. Come dottore formato allo scetticismo medico non glielo posso promettere, sebbene io lo ritenga possibile, stando a ciò che conosco sugli effetti della mente e dell’anima sul sistema immunitario.
Ciò che posso affermare è che la sua vita, non importa cosa le porterà e per quanto a lungo – l’incertezza è nella vita di tutti noi, non conta il nostro stato di salute oggi – adesso avrà il potenziale di essere infusa con vitalità, pienezza e autenticità e, si, pace: qualità cui aveva rinunciato molto tempo fa con un trauma infantile. Quando lei afferma, ‘Non ho più il cancro’, ciò che davvero sta dicendo è che non si sta più identificando con la malattia. Qualunque sia lo stato della malattia che ha crivellato il suo corpo, Rachel non è più una persona malata.
Perciò, questo è ciò che ho scritto a Rachel in risposta:

“Sono molto felice di apprendere che hai trovato la guarigione – la guarigione è la pace che hai provato. Comunque vada da adesso in poi, per favore cerca di fare tutto il possibile per ricordare, mantenere e onorare questa pace. Questa è la tua vera te – il vero sé che tutti abbiamo dimenticato lungo la strada ma che non si è mai perso, non è mai stato distrutto, e ci sta sempre chiamando, non importa cosa succeda.
Ti riconosco per il tuo coraggioso lavoro e intrepido viaggio.”

Questo articolo è stato tradotto dall’originale e l’autore dello stesso è menzionato all’inizio del testo. Per conoscere maggiori informazioni sull’autore seguire il link che cita la fonte.
Vorrei parlare con qlc.
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